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Una riscoperta nel segno della prosa che si fa vita di un autore inquieto novarese di nascita ma vissuto a lungo a Pesaro - morto a soli ventisette anni a Parigi nel 1931. "Una delle cose che più mi impressionarono nella vita fu una sciocchezza: un fischio lungo, di flauto, che un'automobile faceva passando tra la calca di via Indipendenza, a Bologna. Era di sera..." La scrittura è asciutta ma vibrante, nervosa. Commenta Vassalli: "'Il sorriso degli Etruschi' è la distanza tra parole e cose, tra letteratura e realtà, non nell'epoca antica ma ora e qui. C'è già, in Garrone, un'idea destinata a crescere nel decenni successivi e a produrre le avanguardie letterarie e gli sperimentalismi del secondo Novecento".